19^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Antifona
d'Ingresso
Sii
fedele, Signore, alla tua alleanza,
Colletta
Arda
nei nostri cuori, o Padre, la stessa fede che spinse Abramo a vivere sulla terra
come pellegrino, e non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti
nell'attesa della tua ora siamo introdotti da te nella patria eterna. Per il
nostro Signore Gesù Cristo...
1^
Lettura
Dal libro della Sapienza
La
notte della liberazione, desti al tuo popolo, Signore, una colonna di fuoco,
come guida in un viaggio sconosciuto e come un sole innocuo per il glorioso
emigrare.
Salmo
Esultate,
giusti, nel Signore:
Beata
la nazione il cui Dio è il Signore,
Ecco,
l'occhio del Signore veglia su chi lo teme,
per
liberarlo dalla morte
L'anima
nostra attende il Signore,
Signore,
sia su di noi la tua grazia,
2^
Lettura
Dalla lettera di San Paolo agli Ebrei
Fratelli,
la fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si
vedono. Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza.
Canto
al Vangelo
Alleluia,
alleluia.
Vegliate
e state pronti,
Alleluia.
Vangelo
Lc 12, 32-48
Dal Vangelo secondo Luca
In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non temere, piccolo gregge, perché
al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. Vendete ciò che avete e
datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile
nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. Perché dove è
il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
RIFLESSIONE
Dopo aver ascoltato pagine di Vangelo come questa sembra facile dare superficialmente ragione a Gesù e a quanto dice, ma se approfondiamo un po’ di più, ci troviamo non del tutto concordi e imbarazzati davanti a certe affermazioni come ad esempio: "Vendete ciò che avete e datelo in elemosina", "Tenetevi pronti e vigilate, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate". Proviamo, come sempre chiedendo aiuto allo Spirito Santo, a chiederci quale sia il senso complessivo di quanto Gesù ci ha proposto oggi. Molti di voi che hanno una certa età, da piccoli hanno studiato il catechismo di Pio X, quello, tanto per intenderci, fatto di domande e risposte. Una delle prime domande era: "Per qual fine Dio ci ha creati?" E la risposta: "Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, per poi goderlo in Paradiso". Oggi questa risposta può sembrare una semplificazione perfino esagerata, però essa ha permesso a molti di noi di impostare correttamente la propria vita valorizzando appieno il tempo e i doni che in essa ci sono dati ma anche avendo una tensione verso una vita più piena e più totale con Dio. Gesù nel Vangelo di oggi, in altri termini, suggerisce esattamente la stessa cosa: ci invita a vivere pienamente ma nell’attesa della sua venuta definitiva. Ci dice: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno". Dicendo questo Gesù ripete ancora una volta quello che è stato il suo messaggio fin dall’inizio della sua predicazione: "Il Regno di Dio è qui!". Questo Regno ci è stato dato, noi ne facciamo parte anche se in modo non ancora pieno e definitivo sia perché possiamo perderlo con una nostra scelta di peccato, sia perché non siamo ancora entrati nella sua gloria celeste E davanti al dono di Gesù e del suo Regno a cui siamo chiamati, tutte le altre cose impallidiscono, ecco perché Gesù può anche invitarci a "vendere ciò che abbiamo e a darlo in elemosina", "a farci borse che non invecchiano, un tesoro nei cieli dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma". Gesù non ama la povertà per la povertà, ma vede nella donazione un valore più grande che non il possesso e ci ricorda che il criterio è: "Là dove è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore". Se quindi le cose hanno il sopravvento su di noi, sono esse che schiavizzano il nostro cuore, se invece il nostro cuore desidera "riposare in Dio" esso sarà totalmente libero. Insomma se hai scoperto Dio, il suo amore, il suo Regno, tutto il resto si relativizza e prende senso in confronto ad esso. L’attesa, la vigilanza, allora, non sono l’essere continuamente in tensione perché la morte può coglierti in qualunque momento e Dio può condannarti. Non è una attesa paurosa. Il Padre non può volere il nostro male, Gesù ha dato la sua vita per salvarci, lo Spirito è amore che vuol farci sentire in comunione con Dio. La vigilanza, l’attesa, sono espressione della nostra speranza. Noi speriamo in Dio in questa terra e speriamo in Dio per l’eternità. Il cristiano, tutt’altro che essere uno alienato dalla vita terrena è uno che annuncia speranza per oggi e per domani. Il cristiano è colui che gioisce della natura, la difende per sè e per i suoi posteri, è uno che crede ed opera per il progresso dell’umanità, è uno che vive al cento per cento sentimenti e rapporti e valori della vita, è uno profondamente incarnato nel suo tempo perché sa che è qui ed ora che il regno viene, ma è anche uno che non si lascia schiavizzare dalle cose neanche quando queste sono rappresentate da norme religiose che hanno dimenticato la loro origine in Dio, è uno che riesce ad amare persone e cose perché le vede nella loro giusta realtà e nella loro giusta prospettiva, quella dell’eternità. Attendere, nel suo significato vuol dire: tendere verso. Noi credenti non tendiamo verso il nulla e neppure verso un futuro imprecisato. Il nostro futuro ha un volto preciso: il volto di Gesù Cristo. E proprio perché Gesù è già venuto, la vita presente non è una sala di attesa, un tempo di poco valore nei confronti dell’eternità, nello stesso tempo però non è neanche il tutto, il definitivo. Non so se ci avete mai pensato: la fede cristiana è una fede "storica". Dio ha parlato nel tempo. Dio ci dà il tempo. E’ nel tempo che noi veniamo salvati da Lui, quindi il cristiano non potrà mai essere un imboscato della storia o un disertore dei suoi impegni terreni. E’ uno che guarda in alto, ma con i piedi bene ancorati sulla terra, Per lui non si tratta di scegliere tra il cielo e la terra, ma si tratta di accettare la luce che dal cielo è venuta e viene ad illuminare i valori e le scelte che sulla terra avvengono. Ecco perché, per tornare alla frase di Gesù che ci faceva difficoltà, possiamo dire che il cristiano può anche arrivare a rinunciare a delle cose se sa che queste cose possono essere utilizzate per amare i propri fratelli. Non fa questo per fanatismo o esaltazione religiosa. Se lo fa è perché ha capito che l’amore è ancora più importante di ciò che le cose possono dargli, per cui pur vigilando e attendendo la venuta definitiva di Cristo egli cerca in tutti i modi di mettere in pratica e di testimoniare con i fatti la concretezza dell’amore di Gesù. Sono convinto che una delle cose più belle della nostra fede in Gesù sia proprio questa: Gesù ama la vita e ci fa amare la nostra vita. In essa non c’è un attimo che non abbia un valore, un senso. Con Gesù tutto può essere amore e gioia, tanto la ricchezza come la povertà, i momenti gioiosi e perfino il dolore ed anche la morte. Se io vivo, cercando di uniformarmi a Lui, tutto ha senso per me e per gli altri e neppure una goccia di tempo andrà perduta. Non conquista il mondo chi pensa di possederlo, lo conquistano coloro che sanno leggerlo e viverlo con gli occhi dell’eternità. "Beato quel servo che il padrone arrivando troverà al suo lavoro" e potremo aggiungere: "Beato quel servo che sa gioire nel lavorare quotidianamente nel Regno del Signore" perché, in fondo, le lampade accese per attendere la venuta del Signore servono soprattutto per illuminare il tanto da fare che il Signore stesso ci ha chiamato a compiere, qui sulla terra.
Sulle
Offerte
Accogli
con bontà, Signore, questi doni che tu stesso hai posto nelle mani della tua
Chiesa, e con la tua potenza trasformali per noi in sacramento di salvezza. Per
Cristo nostro Signore.
Dopo
la Comunione
La
partecipazione a questi sacramenti salvi il tuo popolo, Signore, e lo confermi
nella luce della tua verità. Per Cristo nostro Signore.